My nature deficit disorder...
Oggi è sempre più difficile trovare un modo, un pretesto, un luogo in cui poter uscire dal flusso travolgente che detta i ritmi e le velocità della giornata, una corrente impossibile da contrastare che obbliga chiunque si trovi al suo interno a seguire la sua direzione, che obbliga a sbracciarsi, a dimenarsi energicamente per rimanere a galla, per non rimanere indietro, per non affogare.
L’umanità, e specialmente il “mondo occidentale”, sta andando incontro ad un problema di salute psicofisica che solo da pochi anni è oggetto di interesse e di studio, questo fenomeno è stato chiamato “Nature deficit disorder” (termine coniato dal giornalista americano Richard Louv) per identificare il distacco tra gli esseri umani e la natura.
Il Nature deficit disorder è aumentato vertiginosamente durante il lockdown che con le sue restrizioni limitava fortemente la libertà delle persone andando ad inficiare in maniera importante la qualità della nostra vita e della salute generale, ci sono infatti molti studi che dichiarano un vero e proprio miglioramento della condizione fisica quando si osserva un paesaggio naturale e si vive più a contatto con la natura (https://lecopost.it/cultura-sostenibile/nature-deficit-disorder-cose/).
"Walden ovvero vita nei boschi"
Libro di Henry David Thoreau che parla della sua esperienza personale di quando, a 28 anni, lascia la sua città natale per andare a vivere sulle rive del lago Walden in una capanna da lui stesso costruita.
Il libro è un resoconto autobiografico di un ritorno alla semplicità, una dichiarazione d'indipendenza, una fuga dagli schemi e dalle costrizioni economiche e sociali, dalla pochezza della società dedita al solo all'accumulo di ricchezza.
Nonostante il libro sia stato pubblicato per la prima volta nel 1845 rimane attuale anche ai giorni nostri, consiglio la lettura a chiunque...
Io non so se questa sindrome ha contagiato anche me, posso dire però che la voglia di svolgere attività all’aria aperta, di camminare, di fare escursioni ha iniziato silenziosamente a strisciare dentro di me già da qualche tempo facendomi investire sempre più tempo, energie e risorse in quelle attività che in qualche modo mi avrebbero portato sulle rive di un fiume, sulla cima di una collina, su una spiaggia isolata oppure a percorrere un sentiero dentro ad un bosco.
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Ho appena sfiorato la superficie di questo mondo ma il magnetismo con cui ha iniziato ad attrarmi verso di se è in costante aumento, e non parlo di qualcosa di spirituale, non che lo trovi sbagliato, ma gli aspetti che stanno migliorando il mio umore sono altri come la sensazione di rallentamento, di uscire dagli schemi, di stare da solo con me stesso, di concedermi tempo, di sentire che sto facendo qualcosa solo per me.
Il coltello è uno strumento indispensabile per vivere a pieno questo tipo di esperienza.
Non serve per autodifesa o per infliggere ferite ma per processare la legna, spezzettarla, creare i trucioli che servono per accendere il fuoco.
Non nascondo il fatto che si instaura un rapporto intimo con questo strumento, come del resto accade altre volte verso altri oggetti come libri, vestiti, automobili, macchine fotografiche, strumenti di lavoro, in generale accade verso tutti quegli oggetti che arricchiscono la nostra esperienza
Ecco il motivo che mi ha spinto a documentare questa nuova energia che mi porta ad alzarmi ore prima la mattina, mi porta a pianificare nel dettaglio le mie giornate, ad uscire anche con il freddo la pioggia e il vento.
Un altro motivo è che creare immagini, scattare delle fotografie mi costringe a rallentare e fa si che possa assaporare in maniera più succulenta questi momenti, oltre a trasmettere un messaggio a chiunque abbia reso abbastanza fertile le cellule del proprio corpo da fare attecchire il seme della curiosità.